Tra le tante e belle frazioni di Varazze c’è Cantalupo, piccolo nucleo di case, sparse per la collina, tra orti, giardini e ulivi. Da lì, dalla piccola piazza cuore pulsante della frazione, raggiungibile anche a piedi (dista poco più di un chilometro dal centro), si domina Varazze.  Sono due le costruzioni principali della piazza, una è la bella Chiesetta ,edificata intorno al 1795, dedicata a  San Giovanni Battista, Patrono della frazione, e ancor oggi festeggiato il 24 giugno. Per l’occasione è indetta una lotteria e sono realizzati dalle signore della frazione bellissimi mazzolini di spighi di lavanda che sono donati in cambio di un’offerta. Superando l’altra costruzione importante della piazza e continuando a salire, si arriva alla “Crocetta” un’edicola votiva distrutta durante la guerra e in seguito ricostruita e dove sorge una trincea della seconda guerra mondiale, riportata recentemente alla luce dagli uomini della sezione alpini di Varazze, sotto la guida del loro Presidente Emilio Patrone.

Tornando in piazza ci si può rifocillare o bere un buon caffè, nell’edificio che sorge dalla parte opposta della Chiesa, l’altra costruzione, ossia il bar e sede della Società operaia cattolica San Giovanni Battista come recita la bella grande scritta dipinta sulla facciata, comunemente chiamata da tutti “la Società”. E qui si apre un mondo del quale ci sarebbe da parlare per giorni e giorni.

Al piano terra dell’edificio c’è il bar, dove c’è sempre qualcuno pronto ad accoglierti con un sorriso, ma la società non è solo bar, ma veramente tanto altro.

Bisogna andare indietro , quando i tempi erano  molto diversi da questi, erano fatti di vita semplice, di contadini, muratori e qualche operaio, che, la sera dopo il lavoro, o la domenica o nelle feste, si ritrovavano  in una piccola stanza quasi in mezzo ai campi, per giocare a carte, bere vino (fatto rigorosamente dai soci) o giocare a bocce. Nasce così la Società Operaia Cattolica di mutuo soccorso San Giovanni Battista. È il 1907. Un luogo dove tutti aiutano tutti, dove si lavora insieme per il bene della comunità.

Era, ed è tuttora una società operaia cattolica il cui scopo costituivo, era ed è il mutuo soccorso. Se un socio si ammalava o s’infortunava, per un certo periodo gli si dava un sussidio, se aveva bisogno di aiuto nei lavori, si aiutava. Tre sere la settimana, soci volenterosi presero l’impegno di insegnare a leggere e scrivere a chi fosse interessato.  Bellissimo.

Si beveva vino e così si acquistava l’uva, si faceva arrivare in treno dal Piemonte e, giunta alla stazione, dopo averla rovesciata in ceste, era trasportata a spalla lungo la mulattiera e,  arrivata in cantina, era lavorata e tramutata in vino. S’iniziò anche a fare l’olio, essendo molti i soci contadini e proprietari di ulivi e fu quindi costruito un frantoio. Oggi purtroppo il frantoio è dismesso ma il vino ancora si produce. Ogni anno, una delegazione parte per il Piemonte e va direttamente in vigna a vendemmiare i “suoi grappoli” che a Cantalupo diverranno vino a uso esclusivo dei soci e della Società. Ovunque ci sono foto appese e ricordi, coppe, stendardi, il vecchio contatore del biliardo. Un archivio con centinaia di foto racconta delle varie delegazioni che si sono succedute in questi lavori, delle feste, della costruzione della sede e di tanto altro, mentre degli incredibili registri, vecchissimi e preziosi, descrivono il mondo dell’epoca. I verbali delle riunioni, conservati con estrema cura, iniziano i verbali con “L’anno del Signore … addì … del mese di…” scritto con una calligrafia impeccabile e svolazzante, oppure raccontano “… la proposta di mandare un saluto ai nostri cari soci soldati, l’Assemblea non soltanto approvò questa proposta ma all’unanimità delibera di mandarci per ognuno lire due che furono 23 i soci che si trovavano sotto le armi per la grandezza della Patria”. Io tutto questo lo trovo commovente uno spaccato della vita della frazione di Cantalupo ma, in effetti, della nostra storia e del nostro passato.

Tutti, tutta la frazione, ognuno a modo suo, secondo le sue capacità, contribuì a prestare aiuto e, tutte le ore donate dai vari soci, furono registrate, a futura memoria. Il terreno su cui fu costruita l’attuale sede, era di proprietà comunale e così al Comune fu assegnato l’ultimo piano del palazzo, per ospitare la scuola elementare, in uso fino a qualche anno fa, permettendo così ai bambini della frazione di non dover scendere fino a Varazze.

Ci sarebbe ancora tanto, tantissimo da dire sulla storia di questa incredibile realtà, ma ne dico ancora solo una e poi passo a qualcosa di meno romantico e storico ma non meno importante.

Nella nuova costruzione, una stanza fu adibita a salone con annesso piccolo bar gestito a turno dai soci, dove vi era un biliardo, un palco per chi volesse cimentarsi nel teatro e dove, intorno ai primi anni sessanta fu sistemata una televisione. Erano davvero altri tempi, all’epoca erano in pochi a possedere un televisore, così la Società ne acquistò uno per permettere a tutti di poter guardare gratuitamente il telegiornale. Se invece avessero voluto guardare qualche altro spettacolo, avrebbero dovuto versare una piccola quota.

Oggi la Società conta sessanta soci  effettivi e tantissimi affezionati frequentatori. Detiene ben quattro De.C.O. ossia denominazione comunale origine, un bel riconoscimento concesso dall’Amministrazione con delibera della Giunta Comunale, per la buridda di stoccafisso, le lumache alla ligure, la festa e il lancio dello stoccafisso e per l’unica ricetta non tradizionale ma creazione originale di un socio (Valter) ossia lo stoccafisso in padella con carciofi e panissa.

La tradizione delle lumache si perde nella notte dei tempi, le hanno sempre preparate per la festa patronale di San Giovanni Battista e, ancora oggi, le lumache richiamano in frazione centinaia di persone, chi le mangerà sul posto innaffiate dal vino societario, chi le porterà a casa.

Da alcuni soci invece, per caso, diciamo così, nasce l’idea della festa dello stoccafisso e del relativo lancio, che va avanti ormai da trentacinque anni e che è diventato un appuntamento immancabile per tante giovani compagnie di lanciatori che si sfidano.  A ogni sagra o festa, gli enormi pentoloni che solitamente giacciono a testa in giù nella cucina, sono sballottati da circa una quarantina di persone, tra soci, amici e parenti, che puliscono, preparano, cuociono, servono, in allegria e che, come in una grande famiglia, si aiutano, magari raccontando aneddoti e storie di vita passata, stancandosi sicuramente ma felici del lavoro che stanno facendo. Si vede guardandoli, si percepisce ascoltandoli. Mettono l’amore in quello che fanno.

Non tutti sanno che, ogni anno, la domenica successiva alla festa dello stoccafisso, la società, che continua con la sua opera di attenzione verso gli altri, ne organizza un’altra identica, ma in forma ridotta, per gli ospiti del “Granello” la bella realtà varazzina che si occupa di aiutare in modo concreto persone con disabilità.

Dal 2004, ai primi di ottobre viene offerto un pranzo a tutti gli ottantenni della frazione e agli ospiti delle case di riposo.

Siccome i soci non riescono a stare tranquilli, da un po’ di tempo portano Cantalupo e la Società in giro per l’Italia, partecipando a diverse manifestazioni enogastronomiche, ad esempio a Fermo nelle Marche, in Veneto in provincia di Gorizia, in Piemonte, e mi fermo qui.

Che dire di altro, questa è una realtà incredibile, conosciuta perlopiù per lumache e stoccafisso ma che, in effetti, ha ben altro da raccontare. Quello che stupisce è l’entusiasmo che mettono i soci in quello che fanno, anche solo quando raccontano la loro storia. Oggi come più di cento anni fa (114 per l’esattezza) attenti all’altro, lo spirito mutualistico è rimasto intatto. Ed è una ricchezza per tutti noi.

Avrei dovuto iniziare il racconto scrivendo “C’era una volta….” Perché questa sembra  davvero una bella favola.

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