Tanti anni fa, in un piccolo borgo nell’entroterra di Varazze, in cima ad una ripida salita, tra campi coltivati, alberi da frutta e fiori, incastonata tra le case, alla fine di antichi scalini sorgeva una piccola chiesa al centro di una piazzetta. Lì si svolgeva la vita degli abitanti del borgo, scandita da rosari e messe. Alla vigilia di Natale tutti si riunivano in chiesa e una signora declamava poesie in dialetto (la più famosa la pubblico in fondo), circondata dai bambini in silenzioso ascolto. Alla fine degli anni ’70 inizio ’80 tutto finisce, la chiesa è in rovina e non ci sono soldi per pagare la corrente, figuriamoci per ristrutturarla.  Per fortuna, grazie ad un grosso lascito, si riesce dopo tanti anni a far tornare la chiesa alla sua bellezza e a riprendere le celebrazioni. Pino, colui che sarà l’anima del presepe di Sant’Anna, perché è della chiesa e del borgo di sant’Anna che stiamo parlando, nel 1998, sistema, vicino alla finestra della chiesa, un piccolo tavolo, costruisce qualche casetta in compensato, ognuno porta qualche statuina che ha in casa, ed ecco che prende vita il presepe. Di anno in anno le casette aumentano e assomigliano a quelle del loro borgo. Pino costruisce anche la chiesa, in scala, arredata all’interno, ancora oggi la si può vedere esposta sull’altare. La prima stalla la costruisce in pietra e cemento non è smontabile ed è pesantissima. Nel 2012 le case, tutte in scala, diventano di pietra, apribili per poterle arredare e illuminare internamente, e oggi sono circa una trentina.

Oggi il borgo è rimasto quello, la salita, le scale, la piazzetta, nel periodo natalizio un braciere in pietra al  suo centro vi accoglie allegro e scoppiettante,  e, se sarete fortunati potrete gustare caldarroste o focaccette. Il presepe invece si è ingrandito. Gli uomini si occupano dei trasporti, della costruzione della base, dell’illuminazione, del reparto idrico e di tutti i lavori pesanti. Le donne del reparto artistico. Ed eccole, intabarrate che di più non si può, la chiesa è molto fredda, con poca luce, perché, dicono loro, devono capire l’effetto, a fare, disfare, costruire, arrampicarsi,  tagliare, salire, scendere, in silenzio, concentrate. Ogni tanto il silenzio è rotto, “vado a fare un po’ di fieno”, vado a prendere un albero”, “ ho finito i sassi “vado a farne un po’”, e le vedi con le forbici a tagliare paglia, o col picozzino a frantumare sassi. “E’ caduta una comare laggiù, bisogna tirarla su”, “ci sono ancora i panni da stendere”, “non esce l’acqua dalla  fontana cumme femmu?”  Oppure si sente un gemito, per essersi bruciate con la colla a caldo o tagliate riducendo qualcosa. Raccolgono rametti, sassi, terra, nei loro terreni che nelle loro mani diventano alberi, piante, fasce, selciati. E siccome tutto si costruisce in casa e riguarda il borgo, il cielo sopra il presepe è quello di Sant’Anna!, lo hanno fotografato e riprodotto. Tutto è curato nei minimi particolari, non c’è casa non arredata, centrini, tende, soprammobili, uova al tegamino nel padellino, pensate a una cosa, sicuramente la troverete. Non si fermano mai, nemmeno quando a metà pomeriggio arriva il tè, per scaldarle un poco, accompagnato da biscotti o una fetta di torta. Bevono e mangiano guardando il presepe, discutendo su modifiche o abbellimenti, spostando cose con una mano mentre nell’altra c’è una fetta di pandolce. Sono stregate del loro presepe, al punto che, quando vanno in ferie, se trovano qualcosa che potrebbe essere utile, lo acquistano, vedi ad esempio la minuscola trappola con formaggio e topolino inserita in una cucina. C’è anche chi … cercate i vitigni con grappoli e foglie, o le lese… vedrete quanto sono belle, tutte fatte a mano,  create la sera,  dopocena. Tutto è poesia in questo presepe, tutto sa di amore.

Instancabili, se tenete conto che da settembre fino all’8 dicembre, ogni sabato e domenica pomeriggio li passano insieme al presepe, a fare e disfare.

Ogni anno il presepe è smontato e rimontato (gli uomini) e ogni anno cambia (le donne). Anni fa, smontato caricato sull’ape e custodito in una cascina al di la del torrente, è stato ritrovato “abitato” da topolini di campagna, che avevano fatto i loro nidi nelle casette e si erano rifocillati con ogni tipo di prelibatezza per una anno intero.

Provate a parlare con queste signore, gli occhi s’illumineranno e loro inizieranno a raccontarvi aneddoti bellissimi. Come il perché nel loro presepe ci sono solo due re magi. Il signore che li ha donati loro ne aveva solo due, uno si era rotto, e allora come avrebbero potuto aggiungerne uno spaiato hanno pensato. “ due ce ne hanno donati, due ne mettiamo”. Una signora lamentandosi che la Liguria  è terra di gatti  e nel presepe ce n’era  solo uno ha regalato tanti gattini arenzanesi  Un cagnolino bellissimo arriva da Pisa, dono di un estimatore. Invece il fraticello e il chierichetto parlano francese, la signora che li ha donati lamentava che non ci potesse essere una chiesa vuota. E si potrebbe andare avanti per ore. La ceramista Zucchi che ha curato alcune statuine, ha inserito, tra queste, la suocera e la nipote. Un signore indicando un punto preciso ha chiesto se la sua auto, parcheggiata lì, desse fastidio. E poi c’è il bambino che nel libro delle firme ha scritto che gli sarebbe piaciuto vedere una casa in costruzione, un parco giochi e un fiume che sfocia nel mare. Guardatela la casa, è in costruzione ed è bellissima.

A presepe finito, in chiesa ovviamente, si cena tutti  insieme, ognuno porta qualcosa, a consolidare quella amicizia, condivisione e affetto che lega tutti loro.

Tutto questo, è lavoro instancabile di queste signore, che accolgono chiunque con un sorriso e dei racconti, che guardano il “loro” presepe con occhi innamorati e che,  mentre lo disferanno, penseranno già a come farlo  il prossimo anno.

Dimenticavo, c’è una rana nel presepe, brutta e vecchissima, è lì da sempre,ogni anno in un punto diverso,  un po’ nascosta perché proprio brutterella ma c’è. Cercatela!

Ecco la poesia:

“Cai signui  che ve truvei u presepiu a viscita’, se pe’ casciu ve degnessi de sentime in po’ parla’, ve cuntio’ tante cosette che v’andian fin-na ae garette.. benché sun cusci’ picin go’ na testa da duttu’, so du greco e du latin trallalleru curuccuccu…ve cuntio’ d’en boe e d’en ase…tale quale quella notte de Natale…A l’ea n’a notte freida e scua, au ceu du di’ gh’ea da neve  e ne vureiva ancun  vegni’…tutti i pastui tappe ‘ favan guardia ai anime…n’a’ vusce se sentiva da luntan cumpagna’ d’an  gran splendu’….u’ l’ea natu u Redentu’!!!!!! In paesan cu l’ea in cantin-na u’ se’ scurdou de tappa ‘ a tin-na..tutt u vin u ghe’ scappou, n’atra donna invescenda’ o pe’ sbagliu o pe’ gnara a l’ha missu u  so figgeu drentu a n’a’ giara…tutti andavan a quella grotta,  chi purtava n’agnellin chi portava in bibin, chi purtava in po’ de lete pe u Bambin….(la recitavano in chiesa e finiva così) e vuiatri ve partiei da quella banca senza dame na’ palanca?”

 

error: Il contenuto è protetto!